lunedì 27 novembre 2006

Diario del bordo: l’Università come Esperienza del Limite

Ora che è tutto finito, ora che il Recinto dove giovani menti pascolano e ruminano teoria non mi contiene più, ora che non mi ci vedo più a belare dentro il recinto e a covare per giorni le idee degli altri, solo ora mi rendo conto di cosa è stata l’Università, e di quanto ho pascolato e ruminato e belato e covato. Appena metti un piede fuori, e il mondo si dispiega incominciando proprio da sotto il tuo piede, e non è solo Orizzonte quello che hai davanti, ma praterie solcate da nuovi Confini - altre forme per chiudersi e protendersi e proteggersi e definirsi - ricordi che non era affatto uno spazio come gli altri, quel recinto. Che ci avevi vissuto bene, lì dentro. E che brucare Conoscenza in compagnia non era poi male: uno strano modo di coltivare l’Amicizia, e affinare il senso della condivisione. Ma capire il recinto, non ti era dato mentre ci stavi in mezzo. Lo vivevi, lo percorrevi nella sua circonferenza, esploravi il centro e la periferia del recinto, pensando che un giorno ne avresti avuto una Visione D’Insieme. E la visione d’insieme ti raggiunge adesso, quando il ricordo è già pulito, tutto in ordine, senza una macchia, ricordo che ti appartiene fino in fondo perchè definisce l’Età in cui brucavi e ruminavi e tutto questo ti bastava. Così, prima di ogni altra cosa, grazie alla visione d’insieme - un’immagine ripresa dall’alto, quasi una ricognizione aerea - capisci che nel particolare recinto dell’università quello che vivevi era l’esperienza del limite. Soprattutto: il tuo limite. Mettiamo che sei in un’aula universitaria, e che intorno a te il paesaggio umano si dispone caoticamente lungo l’arco del semiciclo, e che l’aria degli studenti vira secondo i casi tra l’assonnato e il principio d’inerzia, e che qualcuno dei ragazzi se ne sta ferocemente in silenzio e in disparte mentre altri con modi new age raccontano di quanto è easy e sfrenata e maledettamente coinvolgente la loro vita sessuale, e che di punto in bianco appare un professore con la barba a prima vista non curata e il giusto tono di colore della cravatta, professore che si toglie la giacca, si arrotola le maniche, prende il microfono, dice Buongiorno, e poi senza darti il tempo ti sorprende alle spalle con il Modello Semiotico-Enunciazionale e tutta la storia del Testo e dei Simulacri Testuali. Mettiamo per un attimo che sia andata così. Quella, come mille altre occasioni, è stata un’esperienza del limite: cioè hai messo alla prova, e hai subito confermato, la finitudine e la ridotta dimensione del tuo Sapere. In pochi secondi, hai capito di essere letteralmente limitato, con in testa un sapere piccolo così, che non faceva impressione a nessuno. E per evitare di sentirti scientificamente Nessuno – una meteora solitaria ed invisibile ad orbitare ellitticamente intorno a Pianeti smisurati – cominci a concentrarti e prendere appunti e recuperare il tempo perduto. Lasci la tua penna scorrere mentre la tua giovane mente assorbe e comincia a covare. E tutto il tempo speso a covare e ruminare è fondamentale – di solito nel recinto si pascola per qualcosa come cinque o sei anni, una vita intera, un tempo davvero infinito. E quello che all’inizio si presentava come un limite appare più in là come una soglia: una porta aperta su un nuovo Campo Di Sapere. Un nuovo campo di sapere in cui entri timoroso, con le prime timide incursioni, e poi ci scorazzi in lungo e in largo, sfidando Punti Di Vista & Autorità In Materia. Questo meccanismo è il cardine dell’Università: applicazione e metodo fanno dei Limiti tante Soglie da attraversare. Ovviamente, non tutti i limiti, a lungo andare, si dimostrano soglie. Io, l’Economia, non l’ho mai potuta capire davvero. In quel campo di sapere, ci sono andato sempre con qualcuno che mi accompagnava, e la visita non durava che il tempo di un esame. È un territorio tutto particolare, l’economia. Un posto fantasmatico e vagamente schizoide nei confronti della vita quotidiana. L’astrazione elevata a potenza. (Sono convinto che molti provano questo nei confronti della Semiotica, o di qualsiasi altra scienza, e questo la dice lunga sulla persistenza dei limiti). Ma l’esperienza dei limiti non finisce mica qui. Mettiamo che molto tempo fa un tuo limite è diventato una soglia, e che quella soglia l’hai attraversata così tante volte che all’ingresso c’è il tappetino del casa-dolce-casa ad accoglierti, e che in quel campo di sapere ti sei spinto così lontano da arrivare a vederne i bordi e i confini. Questa volta è l’esperienza di un Limite sia interno sia esterno a te stesso. Il tuo limite su quel sapere coincide con un limite più generale - orlo del sapere su cui molti si sono avventurati. Di solito, stai sul quel bordo quando scrivi la Tesi. E le tesi, nei casi migliori, assomigliano ai diari del bordo, scritti da coloro che si sono spinti oltre e vedono schiudersi nuove terre e continenti lontani. L’esperienza del Limite Che Si Muove mentre tu stesso ti muovi. Mica kilometri. Solo pochi passi. Ma è lì che capisci che il recinto che ti ha ospitato intere stagioni ha fatto il suo tempo. È il richiamo di nuovi, e più avventurosi, e meno battuti territori. È quel Miraggio a chiamarti fuori.

1 commento:

Anonimo ha detto...

I will not agree on it. I think polite post. Especially the appellation attracted me to read the sound story.